Il Genere Passiflora, scoperta della Passiflora, informazioni utili

INDICE

1) La scoperta della Passiflora, l’origine della denominazione, la simbologia

Le passiflore erano sconosciute in Europa prima dei viaggi di Cristoforo Colombo. Solo dopo la scoperta del continente americano nel 1492, queste straordinarie piante furono descritte e introdotte nel Vecchio Mondo, dove suscitarono immediatamente stupore e meraviglia.
L'origine del nome Passiflora risale ai primi missionari che giunsero in Sud America. Questi intravidero nei fiori un simbolismo religioso: il centro del fiore sembrava rappresentare i segni della crocifissione di Gesù Cristo, tanto che le piante vennero chiamate 'Flos Passionis'. Nel 1753, Carl Linneo consolidò questa denominazione scientifica nel suo celebre lavoro Species Plantarum.
Guglielmo Betto, nel suo libro I frutti tropicali coltivabili in Italia, cita un interessante riferimento storico. Tra il 1553 e il 1565, Pietro Antonio Michiel, botanico e medico veneziano, menzionò la Passiflora nel suo Erbario o Storia Generale delle piante, indicando che la pianta era già presente in Italia, precisamente nell'Orto Botanico di Padova.
Un altro importante riferimento si trova negli scritti di Padre Iacomo Bosio (Chivasso 1544 - Roma 1674), che nel suo trattato del 1610, La trionfante e gloriosa Croce, analizzò la simbologia cristologica del fiore. Secondo il Bosio, i tre stigmi del fiore rappresentano i chiodi della crocifissione, la corona di filamenti richiama la corona di spine, mentre i cinque petali e sepali simboleggiano i dieci apostoli fedeli (escludendo Giuda e Pietro nel momento del tradimento). L’androginoforo rievoca la colonna della flagellazione, e i viticci rappresentano i flagelli. Le cinque antere rappresentano le cinque ferite di Gesù Cristo. Questa interpretazione, arricchita da ulteriori analogie, consolidò il legame tra la Passiflora e la tradizione religiosa.
Le passiflore iniziarono a comparire in numerosi trattati botanici e artistici del XVI e XVII secolo. Un esempio precoce è il Codex Badianus, un manoscritto azteco tradotto in latino nel 1552, (Libellus de medicinalibus indorum herbis) che descrive una varietà bilobata chiamata in lingua nahuatl Coanenepilli. Anche opere come Nova Plantarum, Animalium et Mineralium Mexicanorum Novae Hispaniae Historia di Francisco Hernández offrirono illustrazioni dettagliate, rivelando l'importanza che queste piante rivestivano sia nella cultura indigena che per gli studiosi europei.
Vi sono raffigurazioni e descrizioni cristologiche che testimoniano l’importanza simbolica della Passiflora in diversi secoli e contesti culturali. Tra i primi a trattare l’argomento troviamo Simone Parlasca, che nel suo Il fiore della Granadiglia, ouero della Passione di Nostro Signore Giesù Christo (1609) evidenzia la ricchezza simbolica del fiore. Allo stesso modo, Pedro Cieza de León menziona la pianta nella sua La chrónica del Perù (1553), un'opera fondamentale per comprendere la flora e la cultura del Nuovo Mondo.
Un'altra testimonianza significativa è offerta da Eugenio Petrelli, autore del disegno che impreziosisce il frontespizio dell'opera di Antonio Possevino Cultura ingeniorum (1610), dove l’immagine del fiore assume un ruolo decorativo e simbolico. Johann Zahn, nel suo trattato Specola physico-matematica-historica (1696), e John Parkinson con il celebre Paradisi in Sole paradisus terrestris (1629), arricchiscono ulteriormente la tradizione con descrizioni accurate e raffigurazioni che ne esaltano la struttura unica.
Anche Josè de Acosta, nella sua Historia natural y moral de las Indias (1590), esplora la passiflora come esempio della straordinaria biodiversità del continente americano. Non meno rilevante è il contributo di Antonio Canali, che insieme ad altri studiosi del tempo contribuisce a delineare il valore spirituale e botanico di questa pianta straordinaria.
Molti di questi scritti si riferiscono alla passiflora utilizzando nomi evocativi come Granadilla sive Flos Passionis, Flos de cinco llagas o, in termini amerindi, maracuja, maracock e maraco. Questi appellativi, spesso carichi di significato religioso e culturale, riflettono l’intreccio tra scienza, arte e spiritualità che caratterizza la storia di questo genere vegetale.
Tra i più celebri illustratori, Charles Plumier (Marsiglia 1646 – Cadice 1704), botanico di corte di Luigi XIV, si distinse per la sua meticolosità, precisione morfologica e talento artistico. Nei suoi viaggi nelle Antille documentò numerose specie di Passiflora, pubblicandole nel 1693 in Description des plantes de l’Amerique con la denominazione di ‘Clematis Indica’, Clematis delle Indie per la loro vaga rassomiglianza con le Clematis stesse.
Un contributo sorprendente alla rappresentazione artistica della passiflora ci viene dal pittore fiorentino Jacopo Ligozzi (Verona 1547 - Firenze 1627). Nel 1609, Ligozzi realizzò una tavola dedicata a questa pianta, un'opera che riflette la sua rinomata precisione nel disegno naturalistico, ma che si discosta leggermente dalla sua abituale accuratezza scientifica poiché vi sono errori morfologici evidenti. Invitato a Firenze dal granduca Francesco I de’ Medici, Ligozzi si dedicò con passione alla raffigurazione di soggetti naturalistici, spaziando dalla botanica alla zoologia.
La tavola in questione rappresenta un tralcio di Passiflora, accompagnato da tre iscrizioni:
1) ‘Granadilla, seu Flos Passionis Aurantii foliis coniugatis, elegantibus floribus ad alas racematim dispositis, plerumque senis’, che si traduce: ‘Granadilla, ovvero Fiore della Passione, con foglie opposte simili a quelle dell’arancio, fiori eleganti disposti a grappolo, spesso in gruppi di sei all’ascella delle foglie’.
2) 'CAPONOMARE', un termine enigmatico che potrebbe riferirsi a una località.
3) ‘Sic legitur hic Faceva Jacopo Ligozzi 1609’, ovvero: ‘Così si legge qui: Faceva Jacopo Ligozzi 1609’.
Secondo la studiosa Prof.ssa Paola Baghino, Ligozzi potrebbe aver utilizzato come modello un campione d’erbario proveniente dal continente americano, forse deteriorato, oppure basato su una descrizione imprecisa o su uno schizzo realizzato da un osservatore diretto. Questo spiegherebbe le anomalie presenti nell’opera: elementi morfologici cruciali, come viticci, brattee, androginoforo, antere e ghiandole del picciolo, sono assenti o resi in modo impreciso. Persino la disposizione delle foglie ai nodi del fusto, rappresentata come opposta anziché alterna, risulta errata, poiché tale configurazione è impossibile per qualsiasi specie di Passiflora.Dopo un’accurata analisi, ho ipotizzato che la specie raffigurata possa appartenere alla Serie Laurifoliae, grazie a dettagli come le foglie intere e coriacee, la corona con bande alterne dai colori contrastanti e i frutti raccolti in grappoli, caratteristiche che ricordano la P. gabrielliana e la P. crenata.Nonostante questi sforzi interpretativi, la Passiflora dipinta da Jacopo Ligozzi resta un affascinante enigma, sospeso tra arte e scienza, e ancora in parte avvolto nel mistero.
José Celestino Mutis (Cadice 1732 – Bogotà 1808) guidò la celebre Real Expedición Botánica nel Nuevo Reino de Granada, l'attuale Colombia. Con il sostegno del re di Spagna Carlo I° e dei suoi successori, la spedizione documentò, tra il 1783 e il 1816, un'impressionante varietà di flora, catalogando circa 20.000 specie di piante. Mutis si circondò di una squadra di talentuosi artisti e disegnatori botanici, che contribuirono a creare un'opera monumentale tanto per la scienza quanto per l'arte.I risultati di questa impresa furono pubblicati a partire dagli anni ’50 del Novecento in 37 volumi imponenti, i cosiddetti Tomos. Ogni volume, dedicato a specifiche famiglie botaniche, si distingue per le dimensioni straordinarie di 54 x 38 cm. Tra i più affascinanti, il Tomo XXVII, intitolato Passifloráceas y Begoniáceas, raccoglie 42 tavole dedicate alla Passiflora, dove precisione botanica ed eleganza artistica si fondono armoniosamente.
Le passiflore trovano da sempre spazio anche nel celebre Curtis’s Botanical Magazine e in numerose altre pubblicazioni di prestigio, continuando a ispirare generazioni di botanici e artisti. Ancora oggi, queste piante straordinarie affascinano studiosi e appassionati, rappresentando non solo simboli di bellezza e spiritualità, ma anche preziosi soggetti di studio per le loro caratteristiche uniche e il loro ruolo nella storia culturale e scientifica.
(04/01/2025 MVC ©)

2) La sistematica

Il genere Passiflora, nella classificazione botanica universalmente accettata delle Dicotiledoni, è ascritto alla famiglia delle Passifloraceae, a loro volta inserite nell'ordine delle Malpighiales.

La famiglia delle Passifloraceae contiene oltre 750 specie divise in 27 generi. Ne fanno parte le Sottofamiglie Malasherbioideae, Passifloroideae e Turneroideae. Nella sottofamiglia delle Passifloroideae sono ascritte le tribù Paropsiae e Passifloreae. La tribù Abatiae è stata recentemente esclusa ed ascritta alla famiglia delle Salicaceae. La tribù delle Passifloreae comprende questi generi: Adenia, Ancystrotyrsus, Basanthe, Crossostemma, Deidamia, Dilkea, Efulensia, Hollrungia, Mitistemma, Passiflora e Schecheterina.

Tra questi il genere Passiflora è il più importante e numeroso. Da solo comprende oltre 600 specie, quasi tutte dal portamento rampicante e lianoso, ma esistono anche cespugli, alberi e piante erbacee perenni ed annuali. Alcune specie sono ancora oggetto di controversie tra gli esperti per arrivare ad una classificazione corretta e definitiva. Nel frattempo, ne sono state scoperte di nuove, anche recentemente. In zone impervie delle Ande o in foreste inesplorate ve ne potrebbero essere ancora da identificare.

Gli ibridi sono moltissimi, proprio grazie all'alto numero di specie che possono essere facilmente combinate tra loro. In questo modo sono state ottenute piante eccezionalmente belle.

Ellsworth Killip nella sua pubblicazione del 1938 (The american species of Passifloraceae) ha diviso il Genere Passiflora in 24 gruppi omogenei denominati Sottogeneri, a loro volta suddivisi in Sezioni ed in Serie. L'autore, nel suo importante testo, ebbe il merito di accorpare numerosi Generi, come Disemma, Murucuja, Tacsonia ecc. nel genere Passiflora stesso.

Nell’opera interessantissima di Angiolo Pucci edita dalla Ulrico Hoepli ‘Dizionario Generale di Floricultura’ (Milano, 1915), le passiflore erano ancora suddivise nelle altre denominazioni, oggi abbandonate.

La Sistematica è quindi complessa e ciò è dovuto al numero elevato di specie che si sono evolute, differenziandosi in varie direzioni. Recentemente (2004) la Classificazione è stata rivista a cura di John MacDougal ed altri: questa ha sostituito quella di Ellsworth Killip, accorpando molti dei suoi Sottogeneri in soli quattro grandi Sottogeneri: Astrophea, Deidamioides, Decaloba e Passiflora, suddivisi a loro volta in Supersezioni, Sezioni e Serie.

Queste sono quindi le categorie della suddivisione del Genere Passiflora fissate per convenzione internazionale: Famiglia, Tribù, Genere, Sottogenere, Sezione, Serie, Specie, Sottospecie, Varietà, Forma.

3) La distribuzione geografica

La Paleobotanica
L’origine delle Passiflora si intreccia con la storia dei continenti e dei climi tropicali, risalendo al Cretaceo superiore, un’epoca in cui le piante da fiore stavano trasformando i paesaggi terrestri. Si ritiene che il genere abbia avuto origine nell’America centromeridionale, trovando nelle foreste tropicali un ambiente ideale per la sua evoluzione. Le prime tracce fossili, come pollini attribuibili alla famiglia delle Passifloraceae, offrono uno sguardo su questo antico passato, segnato da profondi cambiamenti climatici e geologici.
Sebbene oggi le passiflore siano strettamente associate alle Americhe, il loro passato include anche l’Europa. Durante il Miocene, il continente ospitava almeno due specie ora estinte, P. kirchheimeri e P. heizmannii. I semi fossili di queste piante testimoniano un’epoca in cui le passiflore prosperavano in ecosistemi europei molto diversi da quelli attuali. La loro scomparsa è probabilmente dovuta ai grandi cambiamenti climatici che hanno ridisegnato la vegetazione del pianeta.
Nel tempo, il genere Passiflora ha sviluppato una straordinaria varietà di specie, adattandosi a diverse nicchie ecologiche, principalmente nelle Americhe, ma con dispersioni più limitate verso l’Asia e l’Oceania. Questa capacità di adattamento rende la storia delle passiflore un affascinante capitolo dell’evoluzione delle piante.

La distribuzione americana
La maggior parte delle passiflore attuali ha origine nelle regioni tropicali e subtropicali dell’America centromeridionale. Questi rampicanti straordinari prosperano in una vasta gamma di ambienti, dalle altitudini della Cordigliera delle Ande alle calde coste dell’Oceano Atlantico, dimostrando un’adattabilità che le ha rese protagoniste indiscusse di molteplici ecosistemi.
Tra i Paesi con maggiore biodiversità di Passiflora figurano il Brasile, il Venezuela, la Colombia, l’Ecuador e il Perù, ma anche il Costa Rica, il Nicaragua, il Guatemala, la Bolivia, il Messico, la Guyana, il Paraguay, l’Honduras e la Giamaica. Ciascuna di queste nazioni ospita una varietà unica di specie, molte delle quali endemiche, frutto dell’evoluzione in ambienti specifici e isolati. Nonostante la predominanza americana, alcune specie hanno ampliato il loro areale naturale. Un numero ridotto è nativo del Nord America (soprattutto degli Stati Uniti), dell’Argentina, del Cile, dell’Asia e dell’Oceania. La distribuzione globale delle Passiflora riflette una curiosa statistica: il 95,4% delle specie è americano, il 3,4% asiatico e solo l’1,2% oceanico. Attualmente, il genere conta circa 700 specie classificate, ma nuove scoperte, specialmente nel bacino amazzonico, continuano ad aumentare questo numero.
In Europa e in Africa non esistono passiflore autoctone. Tuttavia, in Africa troviamo il genere Adenia, un interessante rappresentante della famiglia delle Passifloraceae, che condivide alcune caratteristiche con le sue più celebri 'cugine' tropicali.

La distribuzione in Asia e Oceania
In Asia, si contano 21 specie di Passiflora distribuite tra Cina, Borneo, India, Papua Nuova Guinea, Thailandia e Vietnam. In Oceania, invece, il genere si limita a cinque specie in Australia, una in Nuova Zelanda, una nelle isole Figi e una nelle isole Samoa. Quasi tutte appartengono al sottogenere Decaloba, tranne la singolare P. tetrandra. Quest’ultima, unica specie dioica del genere, è associata al sottogenere Deidamioides e rappresenta un’eccezione evolutiva attraente.

Introduzione in Europa e diffusione culturale
Le passiflore arrivarono in Europa nella prima metà del XVII secolo, accolte come preziose curiosità esotiche, pronte a stupire botanici e nobili appassionati di piante rare. Tra tutte, la P. caerulea si guadagnò rapidamente un posto d’onore grazie alla sua straordinaria resistenza ai climi temperati. Questa caratteristica le permise di naturalizzarsi in molte aree dell’Italia centro-meridionale, dove ancora oggi è ricercata non solo per i suoi splendidi fiori, ma anche per la generosa produzione di frutti dal vivace colore arancione. Altrettanto popolare è la P. incarnata, apprezzata per la sua resistenza ad inverni severi, per il suo valore ornamentale e per le preziose proprietà farmacologiche dei suoi estratti.

L’adattabilità e le relazioni ecologiche
La straordinaria capacità di adattamento delle passiflore non si limita al loro ambiente originario. Grazie anche all’intervento umano, si sono acclimatate in regioni lontane, apprezzate sia per la loro bellezza che per i frutti commestibili di alcune specie, come il maracuja (Passiflora edulis).
Un aspetto particolarmente interessante è il legame ecologico che molte specie hanno sviluppato con impollinatori al di fuori dei loro ambienti originari. Api, bombi, farfalle e altri insetti, giocano un ruolo essenziale nella riproduzione delle Passiflora. In alcuni casi, queste relazioni hanno contribuito alla loro diffusione spontanea, talvolta trasformandole in specie invasive, come accaduto in alcune isole oceaniche, tra cui le Azzorre.

Un genere in continua evoluzione
Il vasto areale di distribuzione e l’impressionante diversità delle Passiflora testimoniano la loro lunga storia evolutiva e il loro successo ecologico. Simbolo di bellezza, spiritualità e biodiversità, queste piante continuano a stupire studiosi e appassionati di tutto il mondo, mantenendo viva la loro aura di mistero.
(05/01/2025 MV-C ©)

4) La morfologia

Un'architettura perfetta della natura

Le Passiflora sono piante straordinariamente adattate, con una morfologia complessa e funzionale. L'impollinazione da parte di animali, impollinazione zoogama, le ha spinte a sviluppare segnali attrattivi ben definiti, combinando forme particolari, colori vivaci e profumi intensi. Allo stesso tempo, hanno elaborato strategie difensive come il mimetismo e l’inganno per proteggersi da parassiti ed erbivori.

I loro fiori, unici nella loro struttura, presentano fitti filamenti disposti a corona come fuochi artificiali, dalle forme e dalle sfumature più varie, mentre i frutti, spesso dolci e profumati, e le foglie, con sagome e colorazioni caratteristiche, contribuiscono alla grande diversità del genere. Con oltre 700 specie, le Passiflora hanno sviluppato strette relazioni con insetti, colibrì e pipistrelli, integrandosi perfettamente negli ecosistemi in cui vivono. Ogni loro parte racconta una storia di adattamento e specializzazione, rivelando la complessità del loro percorso evolutivo.

Le cellule delle Passiflora mostrano un numero variabile di cromosomi, diverso a seconda del sottogenere di appartenenza. Ad esempio, le specie del sottogenere Decaloba hanno generalmente 2n=12, quelle del sottogenere Passiflora 2n=18, mentre nel sottogenere Astrophea il numero di cromosomi arriva a 2n=24. Questa variabilità ha giocato un ruolo chiave nell’evoluzione del genere, influenzandone la diversità e le capacità di adattamento.

Il fusto e le radici: le strutture che sostengono la vita

Il fusto delle passiflore si distingue per la sua varietà di forme e caratteristiche. Normalmente sottile e cavo, cilindrico con superficie liscia o striata può presentare anche sezioni di diverse: poligonali, quadrate con spigoli alati (P. alata, P. quadrangularis), triangolare (P. trialata) e, talvolta, persino fascicolate (P. misera) . Lungo la sua struttura si alternano nodi e internodi. Nei nodi si concentrano elementi fondamentali come i viticci, le stipole, il picciolo delle foglie, quello del fiore ed i meristemi preposti alla formazione di rami. Termina, nella parte superiore con il meristema apicale, contenente le cellule deputate alla crescita della pianta. Nella parte inferiore si collega, attraverso il colletto, alle radici.
Gli internodi, invece, sono tratti lisci e privi di strutture visibili.
Nelle specie più robuste, il fusto può raggiungere lunghezze considerevoli, dando vita a fitte cortine di foglie che offrono un aspetto rigoglioso e ornamentale.
L'apparato radicale, sempre proporzionato alla pianta, varia anch’esso in forma e funzione. Può essere fibroso, fascicolato ramificato, carnoso. In alcune passiflore è pollonante, come nel caso di P. caerulea, P. incarnata e P. ‘Fata Confetto’. In altre specie, come P. tuberosa e P. cirrhiflora, le radici si evolvono in strutture tuberose o ingrossate, adattandosi a condizioni specifiche e contribuendo alla sopravvivenza della pianta in ambienti più difficili.

I viticci: l'arte di arrampicarsi

Nelle specie rampicanti del genere Passiflora, i viticci si trovano al nodo del fusto, dove svolgono un ruolo fondamentale per il sostegno della pianta. Questi organi, sottili ma straordinariamente abili, si attorcigliano con destrezza ai supporti che incontrano. Quando raggiungono una lunghezza sufficiente, iniziano un movimento rotatorio continuo alla ricerca di un appiglio. Una volta individuato, vi si fissano saldamente. Il segreto di questa presa risiede nel modo in cui crescono: la parte esterna del viticcio si allunga più velocemente di quella a contatto con il sostegno, creando una tensione che conferisce al viticcio la forma di una molla e avvicina il fusto al supporto.
Un aspetto davvero affascinante dei viticci è la loro forma a spirale quando non sono ancora fissati. Questa spirale segue la successione aurea, nota anche come successione di Fibonacci, dal nome del matematico pisano Leonardo Fibonacci. La successione è composta da numeri interi in cui ciascun numero è la somma dei due precedenti, a partire da 0 e 1: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, e così via. Se rappresentata graficamente, questa serie genera proprio la spirale tipica dei viticci.
Alcune specie di Passiflora mostrano variazioni interessanti nei loro viticci. Ad esempio, in P. discophora e in specie affini, i viticci, ramificati, terminano con piccoli dischetti adesivi, che consentono un ancoraggio efficace alla corteccia degli alberi. Altre specie, appartenenti al sottogenere Astrophea (P. spinosa, P. aurantiflorescentis), sostituiscono i viticci con brevi spine innocue presenti sui nodi del fusto. Infine, in P. cirrhiflora, i viticci ospitano i fiori, che spuntano a coppie direttamente su di essi.

Le foglie: inganni, alleanze e variazioni infinite

Il picciolo delle foglie, all’attaccatura del fusto, è avvolto da una coppia di stipole, che possono essere imponenti oppure sottili e caduche. Presenta sempre ghiandole nettarifere, disposte in una o più coppie, localizzate in posizioni diverse rispetto al margine fogliare. Queste ghiandole, uniche del genere Passiflora, producono nettare che attira formiche e altri insetti, analogamente alle ghiandole fogliari. La loro forma è estremamente variabile, da filiforme a semisferica, e, talvolta, sono sostenute da piccoli peduncoli, come nella P. adenopoda. Nella P. trialata sono vistose e grandi, dalla forma insolita di uncini ricurvi. Le ghiandole del picciolo, non di rado si distinguono per colori contrastanti, come giallo, nero o rosso, che le rendono particolarmente visibili.
Le foglie, alterne lungo il fusto, mostrano una straordinaria varietà. Possono essere semplici e lanceolate (P. laurifolia), bilobate (P. capsularis), trasverse (P. coriacea), digitate (P. serratodigitata) o trilobate (P. incarnata) o multilobate con numeri dispari di lobi (P. caerulea, P. cincinnata, P. pedata, P. cirrhiflora). In alcune specie, come P. seemannii, si osservano occasionalmente forme anomale a quattro lobi. In altre vi sono foglie di forme diverse sullo stesso esemplare (eterofillia).
Il margine delle foglie nel genere Passiflora può presentarsi in una varietà di forme: intero, seghettato, crenato, ondulato, serrato o serrulato. Le dimensioni variano notevolmente, da pochi millimetri, come in P. gracillima, fino a circa un metro, come nelle imponenti foglie di P. macrophylla.
La superficie della lamina fogliare può essere altrettanto diversificata: liscia, lucida e coriacea in gruppi come Laurifoliae ed Astrophea, oppure morbida, spesso tomentosa e ricoperta da una fitta peluria. Le specie della Sezione Dysosmia possiedono tomentosità appiccicosa e tale da catturare piccoli insetti. Alcuni biologi sostengono che si tratta di piante proto-carnivore.
Tuttavia, una delle caratteristiche più affascinanti di questo genere botanico è la presenza di strutture uniche che hanno suscitato grande interesse tra i biologi: le ghiandole fogliari, particolarmente comuni in molte specie del sottogenere Decaloba.
Queste ghiandole si manifestano come piccole, ma evidenti punteggiature gialle disposte regolarmente lungo le nervature laterali sulla superficie superiore della foglia. Sul lato inferiore, esse corrispondono a ghiandole nettarifere. Ma qual è la loro funzione? I biologi ritengono che queste ghiandole rappresentino un raffinato stratagemma mimetico: imitano l’aspetto delle uova di lepidotteri già deposte, dissuadendo così le farfalle dal deporre ulteriori uova sulla stessa foglia. Contemporaneamente, le ghiandole nettarifere del lato inferiore attraggono formiche, alleate preziose nella difesa contro i parassiti.
Le strategie di mimetismo non finiscono qui. Alcune specie presentano foglie decorate da marezzature di colori variabili (P. organensis marmorata), che confondono gli erbivori facendo apparire le foglie come qualcosa di diverso da ciò che sono. Altre specie, come P. boenderi e P. trifasciata, sfoggiano vistose macchie gialle, rosa o bianche lungo le nervature, simulando la presenza di bruchi. Questi espedienti scoraggiano ulteriormente gli attacchi degli erbivori, dimostrando l’eccezionale adattabilità del genere Passiflora.
Alcune specie, inoltre, presentano foglie dalla forma insolita e affascinante. Ad esempio, in P. tenuiloba si osservano lamine sottili e incise, mentre in P. ornithoura le foglie ricordano una coda di rondine, con due lobi molto allungati. Un'altra curiosità è offerta da P. xiikzodz e dal suo ibrido P. ‘Manta’, caratterizzati da foglie che evocano le ali di un pipistrello.

I fiori: meraviglia e specializzazione

I fiori delle passiflore, generalmente ermafroditi, ascellari e solitari, possono anche apparire ad una o più coppie, come in P. biflora, o in racemi, come in P. princeps (P. racemosa). Le dimensioni variano dai minuscoli fiori di P. suberosa (5-6 mm) ai grandi fiori di P. quadrangularis (12-15 cm) e P. speciosa (oltre 15 cm).
Dal peduncolo, che si sviluppa all'ascella delle foglie e può variare in lunghezza da pochi millimetri a diversi centimetri, emergono tre brattee. Queste, talvolta vistose e di colore contrastante rispetto ai fiori, spesso presentano ghiandole nettarifere, come in P. foetida, e strutture filamentose finemente suddivise, quasi un ricamo. La posizione e la forma delle brattee sono elementi importanti per la classificazione dei sottogeneri.
Il calice del fiore, che sostiene sepali, petali, corona dei filamenti e la colonna dell'androginoforo, presenta forme diverse: è molto allungato nella sezione Tacsonia del sottogenere Passiflora e più corto in altri sottogeneri. Al suo interno si trovano l'anello nettarifero, il limen, e l’operculum che protegge la cavità del calice in modo tale a evitare la dispersione del nettare.
Un elemento caratteristico della struttura floreale delle Passiflora è l’hypanthium, un tubo o coppa risultante dalla fusione della base di sepali, petali e filamenti della corona. La sua forma e lunghezza varia  tra i vari sottogeneri.
La colonna dell’androginoforo, collocata al centro del calice in prosecuzione del picciolo del fiore, reca i cinque filamenti che sostengono le antere produttrici di polline (parte maschile del fiore), proseguendo con l'ovario, destinato a diventare frutto, e culminando nei tre stili con gli stigmi (parte femminile del fiore).
Quando il polline viene depositato sulla superficie attiva dello stigma, germina e sviluppa un tubulo pollinico che trasporta i gameti maschili fino all’ovario dove avviene l’incontro con gli ovuli contenenti i gameti femminili. Questo processo culmina nella fecondazione: gli ovuli fecondati si trasformano in semi, mentre l’ovario si sviluppa in frutto.
È interessante notare come la natura abbia sviluppato un sistema efficace per proteggere l’ovario dall’auto-impollinazione. Le antere, che contengono il polline, sono strategicamente posizionate sotto l’ovario, mentre i tre stigmi, con la loro superficie attiva, si trovano nel punto più alto e distante possibile. Una disposizione tanto semplice quanto ingegnosa, che favorisce l’impollinazione incrociata e contribuisce alla straordinaria biodiversità delle Passiflora.
I cinque sepali, che emergono in prosecuzione del calice, sono caratterizzati da una carenatura esterna e uno sperone apicale. Di solito verdi nella parte inferiore e colorati nella parte superiore, completano con i cinque petali la corolla del fiore. I petali, di colore più intenso rispetto ai sepali, possono essere assenti o ridotti, in alcune specie come nella P. cinnabarina, dando al fiore una simmetria di stella a cinque punte.
L’apertura del fiore di Passiflora è un vero spettacolo della natura, rapido e straordinario: si compie in pochi minuti. Quando il bocciolo è pronto, i sepali iniziano a separarsi, lasciando intravedere il colore dei petali, e la magia della fioritura prende vita. I sepali si muovono con sorprendente velocità, percorrendo un angolo di circa 90° fino a disporsi perpendicolarmente rispetto alla posizione iniziale.
Alcune specie, però, hanno un tocco personale: nella P. edmundoi e in molte altre specie ed ibridi, petali e sepali si retroflettono parzialmente, formando angoli tra 120° e 150° rispetto all’androginoforo. Al contrario, il fiore della P. aurantia si accontenta di un’apertura più timida, limitandosi a circa 40°-50°, mentre la corolla della P. umbilicata rasenta addirittura i 180°.
Contemporaneamente all’apertura dei petali, i filamenti delle antere si dispiegano mentre le antere compiono un movimento fulmineo, simile allo scatto di una molla. In un istante queste, inizialmente pressate ed imprigionate in posizione verticale contro l’androginoforo con la superficie pollinica rivolta verso l’esterno, scattano con precisione millimetrica. In una frazione di secondo si dispongono perpendicolarmente all’androginoforo, rendendo immediatamente accessibile il polline. La sposa ora è pronta, il ‘matrimonio …s'ha da fare' (A. Manzoni, ‘Promessi Sposi’).
Anche gli orari di fioritura sono una questione di carattere. La maggior parte delle passiflore coltivate da noi apre i fiori al mattino presto, mentre altre preferiscono aspettare la tarda mattinata. Le specie impollinate dai pipistrelli, come P. ovalis, P. contracta e P. mucronata, seguono un copione notturno: i loro fiori bianchi brillano al chiaro di luna, garantendo massima visibilità ai piccoli mammiferi. Curiosamente, i loro ibridi sembrano fare una sorta di 'media matematica' tra le abitudini dei genitori e fioriscono nel pomeriggio!
Un’altra curiosa differenza tra le specie a fioritura diurna e quelle notturne riguarda la disposizione delle antere. Nei fiori diurni, le cinque antere formano un elegante pentagono regolare, mentre nei fiori notturni si orientano tutte dallo stesso lato, agevolando la deposizione del polline sulla schiena dei pipistrelli impollinatori.
Infine, mi ha sorpreso un dettaglio intrigante: il legame tra il fiore della Passiflora e i numeri primi. La struttura floreale sembra seguire una sequenza precisa: si parte con tre brattee, si continua con cinque sepali e cinque petali, poi arrivano le cinque antere portate dall’androginoforo. L’ovario è suddiviso in tre loculi e, alla fine, troviamo i tre stigmi. È come una danza numerica: 3, 5, 5, 3, 5, 3.
I coloranti responsabili delle tonalità dei fiori delle passiflore appartengono principalmente alla categoria degli antociani, pigmenti idrosolubili presenti nei vacuoli delle cellule vegetali. Questi composti, che fanno parte della famiglia dei flavonoidi, conferiscono ai fiori colori che variano dal viola intenso al blu, dal rosso al rosa, a seconda del pH delle cellule circostanti. In alcuni casi, i carotenoidi contribuiscono alle sfumature gialle e arancioni, mentre le combinazioni di antociani e flavonoli possono dare origine a tonalità più complesse e iridescenti. Questa varietà di colori gioca un ruolo cruciale nell'attrarre impollinatori specifici, come api, farfalle e colibrì e pipistrelli notturni, contribuendo così alla riproduzione delle passiflore.
La gamma di colori dei fiori delle passiflore comprende tutte le tonalità dell’arcobaleno, dal rosso al violetto, con l’aggiunta del bianco. I colori più comuni sono quelli della gamma del blu e del violetto, mentre meno frequenti sono le sfumature arancioni e gialle. Le Supersezioni Coccinea e Distephana comprendono solo specie dai fiori rossi.  Pochissime specie presentano fiori verdi, come P. viridescens e P. viridiflora.
Alcuni fiori emanano profumi intensi, mentre nelle specie appartenenti alla sezione Dysosmia l'aroma può risultare poco gradevole.
La corona dei filamenti, situata sopra i petali, è una struttura altamente variabile per forma, dimensioni e colori: da quella imponente presente nel Sottogenere Passiflora a quella formata da brevi tubercoli nel Sottogenere Tacsonia. Arricchisce la visibilità del fiore, aumentando l’attrattività nei confronti degli insetti impollinatori. In molte specie questa struttura ha un colore diverso rispetto a quello della corolla, a volte addirittura complementare, come in P. edmundoi. Vi sono corone bianche arricchite da anelli blu e rosa, oppure color arancio a contrasto con una corolla bianca. Queste fantasiose combinazioni rendono i fiori estremamente decorativi e sorprendenti. La singolarità della passiflora è di aver creato anche corone a bande alterne con colori decisi e intensi, con forti contrasti, come quelle presenti nella Serie Quadrangulares e Laurifoliae. Queste caratteristiche, in alcune specie, richiamano le forme e i colori di animali marini del genere Actinaria, ispirando denominazioni come P. actinia, l’ibrido P. ‘Anemona’ e la P. echinasteris e ‘Meduse del cielo’ (Lucia Contarino).
I filamenti, spesso disposti in più serie, possono superare i petali in lunghezza e creare effetti pittorici con bande colorate contrastanti. Nella serie Laurifoliae della Supersezione Laurifolia, vi sono due corone principali: una, dai filamenti più brevi, rivolta verso la corolla, e un’altra, più imponente, orientata in direzione opposta. In alcune specie, come P. cincinnata, i filamenti si arricciano graziosamente e il loro numero può raggiungere le centinaia. Gli apici spesso sfumano al bianco.

I frutti e i semi: il futuro della pianta

I frutti delle passiflore, derivati dall'ovario, sono per lo più bacche con un epicarpo sottile che, a maturazione, assume spesso colori vivaci come il giallo, il viola, il blu, il nero o tonalità striate. Alcuni frutti, decorativi, si presentano come piccole sfere verdi, arancioni o rosse con striature gialle o brune (ad esempio in P. vitifolia e P. margaritae). Le forme variano da frutti sferici a ovoidali, ellissoidi allungati o fusiformi, con sezioni prevalentemente circolari, ma talvolta esagonali. In alcune specie del Sottogenere Decaloba (come P. capsularis e P. rubra), sei linee di frattura si aprono a maturazione per favorire la caduta e la dispersione dei semi.
Le dimensioni spaziano dai minuscoli frutti di P. suberosa e P. boenderi (2-3 mm di diametro) ai grandi frutti di P. quadrangularis (10-15 cm di diametro).
Il frutto è composto da un epicarpo esterno, seguito dal mesocarpo. All’interno, l’endocarpo, suddiviso in tre cavità (loculi) corrispondenti ai tre stigmi, contiene l’arillo che avvolge i numerosi semi.
Alcune specie, come P. edulis e la P. ligularis, vengono coltivate industrialmente proprio per i loro frutti poiché l’arillo è dolcissimo e profumato. Molti sono i frutti commestibili delle passiflore (P. alata, P. vitifolia, P. tripartita var. mollissima, P. nitida, ecc.), tuttavia ve ne sono anche di tossici per la presenza di metaboliti cianogenici (P. adenopoda). 
I semi delle passiflore, piatti e di forme variabili (cuoriformi, elissoidi o trapezioidali (come nelle specie della Sezione Dysosmia), presentano un apice appuntito e mostrano la morfologia tipica delle Dicotiledoni. Il tegumento esterno, duro e rugoso nella maggior parte delle specie, favorisce il contatto con l’acqua e il suo trattenimento, agevolando la germinazione. È invece liscio nelle specie delle Supersezioni Coccinea e Distephana. All’interno, l’endosperma contiene l’embrione, costituito dai due cotiledoni, dalla radicula e dall’ipocotile.
Durante la germinazione, il tegumento esterno si apre e cade, permettendo ai cotiledoni, ricchi di riserve, di avviare la fotosintesi e nutrire l’ipocotile e la radichetta, che si sviluppa verticalmente verso il terreno. Il punto di giunzione tra ipocotile e radichetta è detto colletto. Il meristema, situato tra i due cotiledoni, dà origine all’epicotile che, crescendo verso l’alto, produce le prime foglie vere e forma la plantula.
Le dimensioni dei semi variano da meno di 1 mm in P. suberosa fino a 4-5 mm in P. quadrangularis.

I metaboliti secondari: un ingegnoso laboratorio biochimico

Le passiflore sono veri e propri laboratori biologici, capaci di sintetizzare una vasta gamma di metaboliti secondari, composti che non sono essenziali per la sopravvivenza immediata della pianta ma che giocano un ruolo fondamentale nel suo successo evolutivo. Questi composti includono flavonoidi, alcaloidi, composti volatili e pigmenti, che contribuiscono alla difesa contro erbivori e patogeni, all’attrazione degli impollinatori e alla dispersione dei semi.
I flavonoidi sono tra i metaboliti più studiati delle passiflore. Molecole come la vitexina (C21H20O10) e l’isovitexina (C21H20O10) sono presenti in P. incarnata e sono note per le loro proprietà sedative e ansiolitiche. Questi composti modulano i recettori GABA-A nel sistema nervoso centrale, favorendo il rilassamento senza effetti collaterali significativi, motivo per cui P. incarnata è impiegata in integratori e fitoterapici per il trattamento di ansia e insonnia.
Un altro gruppo di metaboliti secondari rilevante è quello degli alcaloidi, tra cui l'armano (C12H10N2) e l'armalina (C13H12N2O). Questi composti, presenti in diverse specie di Passiflora, hanno mostrato attività antiossidanti e antimicrobiche. L'armalina, in particolare, ha proprietà inibitorie sulla monoamino ossidasi (MAO), un enzima legato alla degradazione di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina, suggerendo un potenziale utilizzo nel trattamento di disturbi neurologici.
Le sostanze volatili prodotte dai fiori e dalle foglie includono terpeni e composti aromatici come il linalolo (C10H18O) e il benzilbenzoato (C14H12O2). Questi composti, oltre a svolgere un ruolo ecologico nell'attrazione degli impollinatori, sono noti per le loro proprietà calmanti e antinfiammatorie. Il linalolo, ad esempio, è utilizzato in aromaterapia per ridurre lo stress e l'ansia.
In specie come P. tuberosa, le radici tuberose accumulano composti specifici con attività terapeutica, come gli alcaloidi indolici, noti per le loro proprietà antitumorali.
Ricerche recenti, come quelle condotte dalla professoressa Flavia Guzzo e pubblicati in tesi di laurea, hanno ampliato la comprensione delle proprietà bioattive delle Passiflora. Estratti di specie come P. nitida e P. palmeri hanno dimostrato attività antibiotica, antiossidante e persino antitumorale. Questi risultati suggeriscono che le Passiflora potrebbero rappresentare una risorsa preziosa per la scoperta di nuovi farmaci e trattamenti.

Il valore ecologico e farmacologico

La complessità chimica delle Passiflora non solo testimonia l’ingegno evolutivo della natura, ma le rende anche una risorsa preziosa per la medicina e la farmacologia moderna. L’esplorazione dei metaboliti di questo genere può portare alla scoperta di nuovi composti bioattivi utili per trattamenti terapeutici innovativi.
(03/02/2025 MV-C ©)

5) La coltivazione, la riproduzione e la moltiplicazione

Per poter effettuare una buona collezione con le piante più interessanti e più belle bisogna dotarsi di una piccola serra riscaldata con temperatura minima invernale di almeno 10 °C. Nelle varie zone climatiche italiane, dagli inverni freddi, non si potrà coltivare in giardino che un numero limitato di specie e di ibridi. In ogni scheda di passiflore di questo sito sono indicate le temperature presunte minime e quelle ideali.

La resistenza al freddo (frigo-resistenza) è una caratteristica genetica di ogni specie, anzi di ogni esemplare. In molte specie vi sono geni che esprimono proteine che proteggono dal freddo. In altre sono assenti o scarse. Abbiamo tutti verificato che la frigo-resistenza è possibile anche in specie tropicali, tipiche dei climi caldi del nostro pianeta. Non deve stupire. Molte di queste vivevano e si sono evolute anticamente in regioni soggette alle lunghe ere delle glaciazioni e per questa ragione hanno codificato nel loro codice genetico questo ricordo.

All'arrivo della bella stagione è opportuno portare all'aperto le passiflore delicate coltivate in vaso e ricoverate, fornendole di adeguati sostegni, così fioriranno e fruttificheranno meglio, specialmente a partire dal mese di giugno. Alcune di esse (P. quadrangularis, P. alata) sono più tardive ed aspettano la fine di agosto per mostrare la loro straordinaria bellezza che nulla ha da invidiare alle piante esotiche, sì spettacolari, ma più critiche. Vi sono passiflore che si adattano come piante d'appartamento e fioriscono regolarmente in casa.

Dai vivaisti si possono trovare vasetti fioriti di P. caerulea e di ibridi graziosi come la P. x violacea o la P. 'Incense'. Gli appassionati di farfalle esotiche e tropicali del genere Heliconius coltivano passiflore per allevare i bruchi di questi stupendi lepidotteri. Questi insetti hanno infatti una particolare predilezione per le piante del Gen. Passiflora e la bellezza del fiore ben si accompagna a quella della farfalla.

È facilissimo riprodurre le passiflore, forse più facile e più rapido per via agamica (talea, margotta, propaggine ecc.) che per seme. Le talee radicano rapidamente se tenute in un piccolo ambiente altamente umido, caldo e luminoso, come un cassone vetrato, sistema questo indispensabile per conservare e moltiplicare gli ibridi. La preparazione delle talee è semplice. La prassi prevede la realizzazione di talee binodali. Si prende una porzione di fusti sana e robusta. Si recide a 2/3 cm sotto un nodo che reca la foglia. Si elimina la foglia. Si taglia poi qualche centimetro sopra la foglia successiva, e questo è il secondo nodo. La foglia viene troncata a metà per ridurre la traspirazione. La talea è pronta. Se il materiale disponibile è scarso, si possono realizzare anche talee mononodali con la stessa tecnica sopra descritta. Si preparano vasetti contenenti un substrato fatto di torba bionda e perlite in parti uguali oppure si utilizza terriccio in commercio per talee e semine.  Le talee vanno trattate alla base sotto il nodo inferiore con ormone radicante. Vengono utilizzati sia l’acido indol-3butirrico (IBA) che l’acido alfa-naftalenaceto (NAA).

In commercio esistono ormoni sia liquidi (per esempio Clonex) che in polvere (per esempio Germon e Rizopon). Per mia esperienza l’ormone più attivo per le passiflore è l’acido indol-3butirrico (IBA). Le talee vanno spolverate con la polvere radicante e scosse leggermente per eliminarne l’eccesso, oppure immerse nel liquido radicante secondo le istruzioni del fabbricante. Vanno inserite nel vasetto in modo che il nodo inferiore sia immerso nel terriccio. Poi si bagnano. Il vasetto va posto in un luogo chiuso, mantenuto caldo (circa 25 °C) ed umido. L’ideale è un ambiente provvisto di impianto a nebbia (fog). In alternativa è utile spruzzare regolarmente le talee con un vaporizzatore. Per mantenere costante l’umidità è utile un tappeto di tessuto impregnato di acqua. Il riscaldamento di fondo, poi fa la differenza. Vi sono in commercio pannelli riscaldanti da 18-20 W che possono essere posti sotto il tappetino dove vengono posizionate le talee. In queste condizioni, ambiente umido e fondo riscaldato, la talea emetterà rapidamente radici e svilupperà un tralcio con foglie al nodo superiore. Si lascia consolidare la pianticella e si provvederà a ripiantarla in un vasetto più grande.

La semina, invece, dà risultati talvolta deludenti e la germinazione è erratica e mai rapida. Una corretta conservazione dei semi è sempre elemento essenziale per una buona riuscita. Occorre esercitare la pazienza e attendere anche un tempo lungo prima di vedere far capolino le desiderate pianticelle. Mi è capitato di assistere a germinazioni quando avevo deciso di buttare via tutto.

La semina è comunque il metodo obbligato per arricchire la propria collezione con specie provenienti da molto lontano, diversamente introvabili o provenienti da nuovi incroci. I semi si possono spedire con facilità a grandi distanze e non soffrono per il trasporto come le piante vive. Prima della semina è consigliabile trattarli in acqua. Considerato che il tegumento è particolarmente duro, è utile immergerli in acqua leggermente tiepida per 24 ore. Vi sono molte tecniche utili ad interrompere la dormienza dei semi, processo che si forma quando non hanno la possibilità di entrare in germinazione appena tolti dal frutto. Qualcuno consiglia succo di limone, latte, Acido Gibberellico GA3, NAA ed altro ancora. Il Pucci scrive: “… si moltiplica per seme ed i semi si stratificano in gennaio e si seminano due mesi dopo: germinano prontamente.”.

Fatto ciò, si pongono i semi in vasetti contenenti terriccio per semina anche auto-preparato (torba bionda e perlite). Io lo sterilizzo in forno a microonde per evitare la presenza di uova di moscerini che produrrebbero larve dannose e spore di muffe come la Bortrytis, Phytopthora e Pythium. La temperatura ideale per la germinazione è attorno ai 25 °C ed è necessario, anche in questo caso, un ambiente ad alta umidità. Il terriccio va mantenuto sempre umido, ma non fradicio. La germinazione avverrà di media non prima di 10/15 giorni. Compariranno i cotiledoni e successivamente la gemma apicale svilupperà il fusticino con le vere foglie. È bene lasciare crescere le pianticelle neonate fino a che non avranno raggiunto un’altezza di 15/20 cm prima di rinvasarle singolarmente in vasetti più grandi.

Le piante adulte vanno coltivate in terriccio universale ben drenato per la presenza di inerti e a pH subacido. Trattandosi di rampicanti, i vasi dalle dimensioni di almeno 15 cm di diametro, devono essere dotati di canne per permettere ai viticci di aggrapparsi. Si possono usare bastoni messi a piramide, tralicci a forma di scalette od altro. Quelle in piena terra si adattano bene su recinzioni a rete o graticci.

La concimazione va effettuata regolarmente con prodotti tipo Osmocote, per piante fiorite, che garantiscono una fertilizzazione costante e duratura. In alternativa sono utili fertirrigazioni regolari, di solito settimanali, con prodotti a composizione equilibrata all’inizio della ripresa vegetativa, (per esempio Grow More NPK 19-19-19) e successivamente con prodotti per piante fiorite, più ricche di fosforo e di potassio che di azoto (ad esempio Grow More NPK 9-15-30). Questi prodotti sono adatti e consigliati anche per fertilizzazione fogliare.

È fondamentale che questi fertilizzanti contengano oligo e microelementi (Magnesio, Rame, Zinco, Ferro, Boro, Manganese e Molibdeno), indispensabili per i cicli biochimici delle piante.

Un mio amico vivaista utilizza terriccio composto da torba bionda, torba bruna, zeolite o pomice con il 15% di argilla e fertilizzante di fondo NPK 12-12-17. Durante la bella stagione aggiunge settimanalmente solfato di potassio (2 grammi al litro) per favorire la fioritura.  Le sue passiflore sono straordinariamente rigogliose di fiori.

Io utilizzo spesso fertilizzante liquido molto più diluito rispetto alle indicazioni in etichetta in modo da ottenere una soluzioni di circa 100 ppm. Somministrandolo nel vaso giornalmente o tutte le volte che serve, si ottengono piante di rapida crescita e sanissime. Questo accorgimento è straordinario specialmente per i rinvasi di talee o da semina. Le pianticelle crescono sane e velocemente.

L’induzione della fioritura, comunque, è dovuta anche ad altri fattori, tra cui, il più importante è il fotoperiodo. Vi sono passiflore che fioriscono solo se il giorno è lungo, almeno 12 ore, (longidiurne), altre fioriscono solo se le ore di buio sono maggiori di quelle di luce, a esempio 14 ore, (brevidiurne), ed altre ancora sono indifferenti (neutrodiurne). Il meccanismo fisiologico che sorregge questo comportamento è dovuto ai fitocromi, proteine foto sensibili che si distinguono in attivi ed inattivi che si trasformano gli uni negli altri a secondo della situazione di luminosità o di buio nella quale vi è la pianta.

Abbiamo accertato ad esempio, che alcune passiflore sono sicuramente brevidiurne, ad esempio la P. pedata e la P. cirrhiflora poiché da noi fioriscono in serra nel tardo autunno o in inverno. Al contrario, altre passiflore, come la P. alata, la P. edmundoi, P. pentagona, P. leptoclada, ecc. sono longidiurne o neutrodiurne.

Eccessive irrigazioni possono compromettere l’apparato radicale favorendo marciumi. È quindi importante limitarle allo stretto necessario, innaffiando solo quando il terriccio è quasi asciutto. In ogni caso sono disponibili anticrittogamici sistemici molto efficaci (Previcur Energy).

Le passiflore sono generalmente resistenti a numerosi parassiti e a malattie crittogamiche comuni in altre specie di piante.  Le criticità sono dovute ad attacchi di cocciniglie, sia cotonose che a scudetto (mezzo grano di pepe), di acari e di tripidi. Vi sono attualmente in commercio prodotti adulticidi, larvicidi e ovicidi che, se utilizzati correttamente secondo le istruzioni, risolvono rapidamente questi problemi. Piccoli attacchi possono essere trattati meccanicamente con getti di acqua o, per le cocciniglie, con cottonfioc imbevuti di alcool. I nematodi radicali formano galle alle radici e possono portare a morte la pianta. Attualmente vi sono in commercio ottimi nematocidi.

6) Le passiflore nelle varie zone climatiche italiane

Grazie alla grande varietà di zone climatiche presenti, comprese alcune subtropicali, la nostra penisola offre condizioni ideali per la coltivazione di molte specie vegetali. Le passiflore, in particolare, possono essere acclimatate all’aperto con maggiore facilità rispetto ad altri paesi europei. Queste piante non richiedono cure particolarmente complesse e si rivelano generose e gratificanti per chi decide di coltivarle, adattandosi con facilità a diverse condizioni e gusti estetici.

Le zone climatiche in Italia

L’Italia è suddivisa in diverse zone climatiche secondo la classificazione USDA (United States Department of Agriculture), che si basa sulle temperature minime medie annue registrate in un lungo lasso di tempo. Questa classificazione, ampiamente utilizzata a livello internazionale, rappresenta un utile strumento per comprendere quali specie vegetali possono essere tetenute  all’aperto in una determinata area. Ogni zona USDA è ulteriormente suddivisa in sottozone A e B, dove la lettera A indica temperature leggermente più rigide rispetto alla lettera B. Ad esempio, una zona 8A sarà più fredda di una zona 8B.
La classificazione USDA ha gradualmente sostituito altre suddivisioni climatiche, come le Zone Fitoclimatiche del Pavari e le Zone del Köppen, poiché offre una maggiore precisione e una metodologia più semplice da applicare. In Italia, questa suddivisione consente di tracciare un quadro chiaro della variabilità climatica, che va dalle rigide temperature alpine alle condizioni miti e subtropicali del Sud e delle isole maggiori.

Le zone principali che interessano il nostro territorio sono:

·        Zona 6: Aree montane e prealpine con temperature minime che possono scendere fino a -23°C. Queste regioni sono generalmente inadatte alla coltivazione di passiflore senza protezioni adeguate, come serre riscaldate.

·        Zona 7: Comprende molte aree dell’Italia settentrionale, in particolare le pianure e le colline interne. Qui le temperature minime invernali raggiungono -17°C, permettendo la coltivazione delle passiflore più rustiche, purché in posizioni riparate.

·        Zona 8: Abbraccia le zone costiere settentrionali, gran parte dell’Italia centrale e le aree collinari più temperate. Le temperature minime si attestano tra -12°C e -7°C, consentendo la coltivazione di molte specie con l’ausilio di semplici protezioni invernali.

·        Zona 9: Caratterizza il Sud Italia, le isole e le aree costiere più miti del Centro. Con temperature minime che raramente scendono sotto i -7°C, questa zona offre condizioni ideali per una vasta gamma di passiflore.

·        Zona 10: La fascia più calda della penisola comprende le coste meridionali di Sicilia e Calabria dove le temperature non scendono mai sotto lo zero. Qui è possibile coltivare anche le specie tropicali più delicate.

Oltre alla suddivisione USDA, è importante considerare il microclima specifico di una posizione. Fattori come l’esposizione al sole, la presenza di barriere naturali o artificiali (muri, siepi, rocce) e l’altitudine possono influire significativamente sulla sopravvivenza delle piante, creando talvolta condizioni favorevoli persino in zone climatiche apparentemente ostili. Ad esempio, un giardino riparato dal vento e ben esposto a sud in una zona 7B può ospitare con successo specie che altrimenti sarebbero a rischio in condizioni più esposte.

La coltivazione delle passiflore nelle diverse zone climatiche

Le passiflore più rustiche si prestano magnificamente alla coltivazione in piena terra, ma si adattano altrettanto bene alla vita in vasi di dimensioni adeguate. Questo approccio si rivela indispensabile nelle zone caratterizzate da frequenti e prolungate gelate invernali, poiché il vaso consente di spostare le piante in luoghi protetti durante i mesi più freddi. La scelta della posizione è cruciale: sfruttare protezioni naturali o artificiali, come muri esposti a sud o barriere frangivento, può fare la differenza. Tuttavia, la sperimentazione personale rimane sempre un elemento chiave: alcune specie considerate poco resistenti al gelo possono sorprendere con un’inaspettata capacità di adattamento.
Il prof. Tito Schiva, ex direttore dell’Istituto Sperimentale di Floricoltura di Sanremo, offre un’interessante spiegazione scientifica a questo fenomeno. Secondo lui, alcune piante tropicali, avendo superato lunghi periodi di glaciazione nelle ere geologiche passate, hanno conservato geni di resistenza al freddo. Un esempio emblematico è la Feijoa sellowiana, che viene tranquillamente coltivata nei giardini della Pianura Padana nonostante le rigide temperature invernali.
Un esempio pratico dell'importanza del microclima si trova nel film L’albero degli zoccoli, dove i semi di pomodoro venivano fatti germinare accanto alla stalla, sfruttando il calore emanato dalla fermentazione del compost. Simili accorgimenti possono essere applicati anche alle passiflore nelle zone climatiche più rigide, offrendo loro condizioni favorevoli per sopravvivere e prosperare.

Le specie e gli ibridi coltivabili nelle principali zone climatiche italiane
Ecco un riepilogo esemplificativo delle specie più adatte alle diverse zone climatiche della nostra penisola:

  Zona 7: In questa fascia climatica si possono coltivare specie rustiche come P. caerulea, P. incarnata, P. tucumanensis, P. x colvillii e P. lutea, oltre a ibridi come P. 'Guglielmo Betto' e P. 'Fata Confetto'. Queste piante sono caratterizzate dalla capacità di emettere nuovi polloni in primavera dopo il riposo invernale, un adattamento che ne garantisce la sopravvivenza.

  Zona 8: Le possibilità si ampliano con specie come P. actinia, P. elegans, P. urubicensis, P. mooreana e P. umbilicata. Tra gli ibridi resistenti spiccano quelli derivati da P. incarnata e P. cincinnata, come P. 'Incense', P. 'Leida', P. 'Vivacemente'., oltre agli incroci con la P. caerulea, tra cui P. 'Amethyst' e P. x violacea, e P. 'Anemona'.

  Zona 9: Questa zona offre condizioni ottimali per un’ampia varietà di specie, come P. alata, P. phoenicea, P. x decaisneana, P. 'Marijke', P. amethystina, P. cinnabarina, P. edmundoi e P. kermesina. Ibridi come P. x belotii e P. x allardii prosperano qui, così come numerose specie della sezione Dysosmia, che tendono a naturalizzarsi con facilità. Inoltre, in questa zona si trovano estese coltivazioni di P. edulis, la famosa passiflora dei frutti della passione.

  Zona 10: Nella zona più calda d’Italia, che comprende le coste meridionali di Sicilia e Calabria, è possibile coltivare specie tropicali particolarmente delicate, come P. vitifolia e P. miniata. Queste piante, altrimenti difficili da acclimatare, trovano qui il loro habitat ideale.

Le Tacsonia: un caso particolare
Le passiflore della sezione Tacsonia, originarie delle regioni andine, richiedono temperature miti e una bassa escursione termica. Il caldo intenso, soprattutto oltre i 30°C, può essere fatale per queste piante. Per garantire loro un ambiente adeguato, è essenziale posizionarle in luoghi freschi, ombreggiati e ventilati, come le zone costiere con presenza costante di brezze marine.
(06/01/2025 MV-C ©)

7) La collezione