1) La scoperta della Passiflora, l’origine della denominazione, la simbologia
3) La distribuzione geografica
5) La coltivazione, la riproduzione e la moltiplicazione
1) La scoperta della Passiflora, l’origine della denominazione, la simbologia
Le passiflore erano sconosciute in Europa prima dei viaggi di Cristoforo Colombo. In seguito alla scoperta del continente americano (1492), furono descritte e portate in Europa dove furono accolte con grande stupore.
L’origine della denominazione Passiflora è da attribuirsi ai primi missionari giunti in Sud America. Essi ritennero che il centro del fiore raffigurasse i simboli della crocifissione di Gesù Cristo tanto che queste piante vennero chiamate ‘Flos Passionis’. Linneo nella sua opera ‘Species Plantarum’ (1753) trasformò la denominazione corrente in Passiflora.
Guglielmo Betto, nel suo libro 'I frutti tropicali coltivabili in Italia' cita un 'Erbario o Storia Generale delle piante' di Pietro Antonio Michiel (Venezia 1510 – 1576), pubblicato tra il 1553 ed il 1565, nel quale è menzionata la Passiflora, già allora presente in Italia nell'Orto Botanico di Padova.
Il frate Padre Iacomo Bosio (Chivasso 1544 – Roma 1674) ne 'La trionfante e gloriosa Croce, Trattato di Iacomo Bosio' del 1610 aveva descritto e raffigurato (pag. 162) i simboli della passione di Cristo riconosciuti nei suoi fiori. Nella tradizione i 3 chiodi sono rappresentati dai 3 stigmi, la corona di spine dalla corona dei filamenti; i 5 petali ed i 5 sepali simboleggiano i 10 apostoli rimasti fedeli a Gesù Cristo, l'androginoforo richiama la colonna della flagellazione ed i viticci, ovviamente, rappresentano i flagelli; le 5 antere sono le 5 ferite. La leggenda racconta di altre fantasiose e suggestive analogie.
Numerosi scritti e raffigurazioni si trovano in trattati ed erbari illustrati del XVI e XVII secolo. Cito il Codex Badianus, un erbario manoscritto del 1552, traduzione in latino di quello azteco (Libellus de medicinalibus indorum herbis) e l'opera 'Nova Plantarum, Animalium et Mineralium Mexicanorum - Rerum Medicanorum Novae Hispaniae Historia' in cui è illustrata una passiflora a foglie bilobate denominata in lingua azteca 'Coanenepilli'.
Vi sono raffigurazioni e descrizioni cristologiche in Simone Parlasca (Il fiore della Granadiglia, ouero della Passione di Nostro Signore Giesù Christo, 1609), Pedro Cieza de León (La chrónica del Perù, 1553), Eugenio Petrelli (disegno nel frontespizio dell'opera di Antonio Possevino 'Cultura ingeniorum', 1610), Johann Zahn (Specola physico-matematica-historica, 1696), John Parkinson (Paradisi in Sole paradisus terrestris, 1629), Josè de Acosta (Historia natural y moral de las Indias, 1590), Antonio Canali, ed altri. Molti scritti fanno riferimento alla Passiflora, chiamata spesso Granadilla sive Flos Passionis, Flos de cinco llagas e, in termini amerindi, maracuja, maracock, maraco.
Il monaco francese Charles Plumier (Marsiglia 1646 – Cadice 1704) nella sua opera ‘Description des plantes de l’Amerique’ (1693) ha pubblicato realistici disegni di molte passiflore scoperte durante le sue spedizioni. Grazie alla sua conoscenza della botanica e all'ottima tecnica grafica era stato nominato dal re Luigi XIV botanico di corte e inviato nelle Antille per descrivere le specie incontrate. Ha eseguito precise tavole raffiguranti nuove passiflore che ha denominato Clematis indica, Clematis delle Indie, per la loro vaga rassomiglianza con le Clematis stesse.
Nel 1609 anche Jacopo Ligozzi, pittore fiorentino, dipinse questa tavola raffigurante una passiflora.
Bellissime sono le stampe disegnate durante la Real expedition botanica nel Nuevo Reino de Granada (attuale Colombia) a cura di José Celestino Mutis (Cadice 1732 – Bogotà 1808). Questa spedizione fu organizzata con l’avvallo del re di Spagna Carlo I e dei successivi regnanti. Iniziò nel 1783 e durò fino al 1816. Josè Celestino Mutis si avvalse di numerosi collaboratori, artisti e disegnatori botanici. Vennero descritte ed illustrate circa 20.000 specie di piante e 7000 animali.
A partire dagli anni ’50 questi accurati disegni botanici, precisi nelle morfologie e dall’estetica elegante, furono pubblicati in 37 grandi volumi (Tomos) dalle dimensioni di 54 x 38 cm. Il Tomo XXVII in mio possesso è intitolato ‘Passifloraceas y Begoniaceas’. Vi sono illustrate 40 passiflore in 42 tavole.
Moltissimi disegni di
passiflore, botanicamente perfetti, sono presenti anche nel Curtis’s
Botanical Magazine ed in altre pubblicazioni sia antiche che più
recenti.
2) La sistematica
Il genere Passiflora, nella classificazione botanica universalmente accettata delle Dicotiledoni, è ascritto alla famiglia delle Passifloraceae, a loro volta inserite nell'ordine delle Malpighiales.
La famiglia delle Passifloraceae contiene oltre 750 specie divise in 27 generi. Ne fanno parte le Sottofamiglie Malasherbioideae, Passifloroideae e Turneroideae. Nella sottofamiglia delle Passifloroideae sono ascritte le tribù Paropsiae e Passifloreae. La tribù Abatiae è stata recentemente esclusa ed ascritta alla famiglia delle Salicaceae. La tribù delle Passifloreae comprende questi generi: Adenia, Ancystrotyrsus, Basanthe, Crossostemma, Deidamia, Dilkea, Efulensia, Hollrungia, Mitistemma, Passiflora e Schecheterina.
Tra questi il genere Passiflora è il più importante e numeroso. Da solo comprende oltre 600 specie, quasi tutte dal portamento rampicante e lianoso, ma esistono anche cespugli, alberi e piante erbacee perenni ed annuali. Alcune specie sono ancora oggetto di controversie tra gli esperti per arrivare ad una classificazione corretta e definitiva. Nel frattempo, ne sono state scoperte di nuove, anche recentemente. In zone impervie delle Ande o in foreste inesplorate ve ne potrebbero essere ancora da identificare.
Gli ibridi sono moltissimi, proprio grazie all'alto numero di specie che possono essere facilmente combinate tra loro. In questo modo sono state ottenute piante eccezionalmente belle.
Ellsworth Killip nella sua pubblicazione del 1938 (The american species of Passifloraceae) ha diviso il Genere Passiflora in 24 gruppi omogenei denominati Sottogeneri, a loro volta suddivisi in Sezioni ed in Serie. L'autore, nel suo importante testo, ebbe il merito di accorpare numerosi Generi, come Disemma, Murucuja, Tacsonia ecc. nel genere Passiflora stesso.
Nell’opera interessantissima di Angiolo Pucci edita dalla Ulrico Hoepli ‘Dizionario Generale di Floricultura’ (Milano, 1915), le passiflore erano ancora suddivise nelle altre denominazioni, oggi abbandonate.
La Sistematica è quindi complessa e ciò è dovuto al numero elevato di specie che si sono evolute, differenziandosi in varie direzioni. Recentemente (2004) la Classificazione è stata rivista a cura di John MacDougal ed altri: questa ha sostituito quella di Ellsworth Killip, accorpando molti dei suoi Sottogeneri in soli quattro grandi Sottogeneri: Astrophea, Deidamioides, Decaloba e Passiflora, suddivisi a loro volta in Supersezioni, Sezioni e Serie.
Queste sono quindi le categorie della suddivisione del Genere Passiflora fissate per convenzione internazionale: Famiglia, Tribù, Genere, Sottogenere, Sezione, Serie, Specie, Sottospecie, Varietà, Forma.
3) La distribuzione geografica
La provenienza geografica della maggior parte delle passiflore è l'America centromeridionale, in particolare le vaste zone tropicali e subtropicali che vanno dalla cordigliera delle Ande fino alle coste dell'Oceano Atlantico.
Nazioni ricche di queste piante sono: Brasile, Venezuela, Costa Rica Nicaragua, Guatemala, Columbia, Ecuador, Bolivia, Messico, Guyana, Perù, Paraguay, Argentina, Honduras, Giamaica, ecc. Alcune specie, in numero più limitato, sono invece nordamericane (Stati Uniti), australiane ed asiatiche.
Questi rampicanti furono importati in Europa nella prima metà del secolo XVII. Tra di essi in particolare la P. caerulea si è naturalizzata in diverse località della nostra penisola, specialmente dell'Italia centro meridionale.
Oltre alla specie
americane, quindi, vi sono 21 specie asiatiche (Cina, Borneo, India, Papua
Nuova Guinea, Tailandia, Vietnam), cinque specie australiane, una in Nuova Zelanda,
una nelle isole Figi, ed una nelle isole di Samoa, tutte ascritte al
Sottogenere Decaloba, tranne la P. tetrandra che è associata
al Sottogenere Deidamioides.
4) La morfologia
I fiori delle passiflore hanno caratteristiche e strutture uniche nel mondo vegetale e sono molto apprezzati per la loro indubbia eleganza. Grazie ai loro vivaci filamenti richiamano la bellezza dei fuochi artificiali.
Nulla hanno da invidiare ai fiori più spettacolari, né mancano varietà di forme e di colori tali da ritenerle uniche. Inoltre, producono ottimi frutti e ci regalano profumazioni decisamente gradevoli. In molte specie le loro foglie hanno spesso forme inconsuete e colorazioni pittoresche. Sembra quasi che il genere Passiflora possegga qualcosa di superiore rispetto alle altre famiglie di piante, come se fosse avvenuta un'evoluzione più avanzata. Tra l’altro hanno saputo sviluppare relazioni intense e particolari con altri viventi: insetti, colibrì e pipistrelli.
Osservando con attenzione questi vivaci rampicanti, si rimane stupiti proprio per la molteplicità, la diversità, la stravaganza e l'arte delle varie strutture: fiori, frutti, foglie, ecc.
I fiori sono normalmente ermafroditi, ascellari e solitari, raramente riuniti a coppie (P. biflora) od in racemi (P. racemosa). Le dimensioni variano dai piccolissimi fiori della P. suberosa (5/6 mm) ai grandi fiori della P. quadrangularis (12/15 cm) e P. speciosa (oltre 15 cm).
Partendo dal peduncolo del fiore, che normalmente prende origine lungo il fusto all'ascella delle foglie, si incontrano tre brattee. A volte sono ampie vistose e di colore contrastante rispetto ai fiori, spesso sono fornite di particolari ghiandole nettarifere. La P. foetida, ad esempio, possiede grandi brattee filamentose e finemente suddivise: un vero ricamo. La posizione e la forma delle brattee è elemento identificativo importante per l'attribuzione ad un determinato Sottogenere.
Segue poi il calice del fiore che sorregge i sepali, i petali, la corona dei filamenti e la colonna dell'androginoforo recante l'ovario, le antere e gli stigmi. La forma del calice tubolare è diversa nei vari Sottogeneri: ad esempio molto allungato nella Sezione Tacsonia del Sottogenere Passiflora e più corto in altri.
All'interno di esso, in molte specie, vi è l'anello del nettare e vi prende origine androginoforo. Alla base di quest'ultimo si trova il limen che, contrapposto all'opercolo della corona dei filamenti, nelle specie che ne sono provviste, chiude la cavità del calice.
La colonna dell'androginoforo prosegue fino ai cinque filamenti che portano le antere produttrici del polline. I filamenti e le antere formano gli stami. Segue l'ovario che, fecondato dal polline, è destinato ad ingrossarsi fino a diventare frutto. Il fiore termina con i tre stili recanti gli stigmi che sono i recettori del polline stesso. Gli stili e gli stigmi formano i pistilli.
Esternamente il calice prosegue nei cinque sepali, caratterizzati quasi sempre nella pagina inferiore da una carenatura esterna di irrobustimento e di uno sperone apicale. Sono normalmente verdi, dotati di robusta nervatura nella parte inferiore e di colore simile a quello dei petali nella parte superiore. I cinque petali, alternati ai sepali, completano la corolla del fiore. Sono quasi sempre molto vistosi, più grandi e più intensi dei sepali stessi. In qualche specie invece sono assenti o ridotti, tanto che la simmetria del fiore diventa a stella con cinque punte anziché con dieci (es. P. cinnabarina).
Da ultimo, originanti dalla parte centrale della corolla e posta sopra i petali, vi è la corona dei filamenti. Questa struttura, molto variabile per forma, dimensioni e colori all'interno delle varie specie, arricchisce esteticamente il fiore e probabilmente ha la funzione di esercitare una maggiore attrazione nei confronti degli animali impollinatori.
I filamenti sono talvolta disposti in più serie, anche di lunghezza diversa. Possono superare così i petali e sono spesso colorati a bande alterne e con tinte contrastanti rispetto a quelle della corolla, in questo modo si ottiene un effetto pittorico deciso, simile a cerchi concentrici. Partendo dalla base, i filamenti si assottigliano verso l'apice e sovente si arricciano graziosamente (P. cincinnata). Il loro numero è normalmente molto elevato, arrivando ad alcune centinaia. Molti fiori profumano anche intensamente, tuttavia l’aroma emesso da qualche specie, come quelle della Sezione Dysosmia, è poco gradevole e un po' fastidioso.
I frutti della Passiflora, che si originano dall'ovario, sono normalmente bacche, formata da un tegumento leggero, quasi cartaceo, colorato a maturazione, di giallo, di viola, di blu e di nero, o elegantemente striato di giallo e di verde. La forma è ovoidale o allungata. In qualche caso invece è una capsula che a maturazione si apre spontaneamente in linee di frattura prestabilite (P. capsularis) per rilasciare i semi. Le dimensioni vanno dai frutti piccoli come piselli della P. suberosa, P. boenderi ed altre, ai frutti grandi come uova di tacchino della P. quadrangularis e la P. trialata. L'interno del frutto è costituito da una polpa gelatinosa (arillo) contenente i semi. Molte passiflore producono frutti commestibili, delicati per sapore e profumo tanto che alcune specie sono coltivate industrialmente (P. edulis).
I semi delle passiflore sono piatti, cuoriformi, scuri, con cuticola dura e rugosa. Misurano normalmente da meno di 1 mm a 4-5 mm di lunghezza.
Le foglie delle passiflore, alternate lungo il fusto, sono molto variabili per forma, consistenza, dimensioni ed aspetto. Si passa da quelle più semplici, ad un solo lobo, normalmente lanceolate (P. laurifolia), a quelle bilobate (P.capsularis), a volte trasverse (P. coriacea) e a quelle con numero di lobi maggiore, ma sempre dispari, cioè: 3, 5, 7, 9 ecc. (P. incarnata, P. caerulea, P. cirrhiflora).
Solo in alcune specie si possono vedere foglie di forma variabile ed anomala (eterofillia), occasionalmente a quattro lobi, come mi è capitato di vedere ad esempio nella P. seemannii. Le loro dimensioni variano da pochi millimetri (P. gracillima) a circa un metro (P. macrophylla). Le foglie sono normalmente fornite di stipole all’attaccatura del picciolo al fusto. In alcune specie queste ultime sono anch'esse insolite, poiché hanno i margini profondamente seghettati (P. hahnii, P. guatemalensis) o forme inusuali (P. foetida).
Il picciolo della foglia è fornito di ghiandole nettarifere o nettari (ghiandole del picciolo), disposte a coppie ed in numero variabile. A volte sono appena accennate, a volte piuttosto evidenti e sporgenti, filiformi o addirittura sorrette da brevi peduncoli (P. adenopoda). La loro posizione, la loro forma ed il loro numero sono importanti elementi identificativi. Infatti, spesso specie apparentemente uguali si possono distinguere proprio per le differenze nelle ghiandole del picciolo o per il loro numero.
Ghiandole nettarifere, sovente gialle, sono presenti anche sulla lamina fogliare (ghiandole fogliari) di molte specie di Passiflora, sia sulla pagina inferiore che superiore. Qualche volta sono disposte simmetricamente e sono allineate lungo la nervatura principale della foglia, oppure sono decorrenti lungo le nervature secondarie e hanno colorazioni contrastanti con la tinta dominante della lamina fogliare. Anch'esse contribuiscono ad aumentare l'interesse estetico delle passiflore oltre che a rendere queste piante assai curiose. Le passiflore possono avere foglie colorate, con bande gialle (P. trifasciata, P. apetala, P. boenderi, P. pardifolia), rossastre (P. organensis marmorata) o con marezzature verde chiaro (P. coriacea). Le ghiandole fogliari e quelle del picciolo producono brillanti goccioline di nettare dolcissimo che attrae in particolare le formiche.
Nelle specie rampicanti all'ascella delle foglie, oltre che i fiori, vi sono i viticci. Essi, con stupefacente abilità, sanno attorcigliarsi rapidamente attorno a tutto ciò che sfiorano.
In alcune specie (P. discophora, P. gracillima) sono invece ramificati e dotati alle estremità di piccoli dischetti simili a ventose, adatti ad aderire alla corteccia dei grandi alberi che fanno loro da sostegno. Raramente in alcune specie ascritte al Sottogenere Astrophea, ad esempio P. spinosa, P. rusbyi al nodo del fusto, vi sono piccole spine. Sono morbide e di fatto inoffensive.
Il fusto, come sovente nelle specie rampicanti, è spesso sottile, talvolta cavo, a sezione rotonda e di colore verde. In alcune specie ha invece sezione quadrata, triangolare o poligonale. Negli esemplari annosi la base della pianta è rivestita di corteccia. Le specie più robuste, quando crescono all'aperto, raggiungono lunghezze notevoli e sono abbondantemente ramificate, tanto da formare una fitta e soffocante cortina di foglie.
L'apparato radicale è proporzionato alla grandezza del rampicante e fascicolato. Talvolta le radici sono carnose ed emettono polloni radicali attorno alla pianta madre (P. caerulea, P. incarnata, P. 'Fata Confetto'). Qualche specie produce radici ingrossate (P. cirrhiflora) o tuberose (P. tuberosa).
Le piante poi sono straordinari laboratori biologici. Le loro cellule sono in grado di sintetizzare migliaia di sostanze complesse.
Sono i metaboliti secondari.
Hanno varie funzioni, tra cui la protezione da insetti, animali erbivori ed agenti patogeni. Per difendersi dai processi ossidativi hanno elaborato molecole antiossidanti. Questi metaboliti servono inoltre ad attrarre gli animali impollinatori (segnali attrattivi) e a diffondere i propri semi. Le piante producono con questo scopo pigmenti di tutti i colori, sostanze volatili profumate, a volte puzzolenti e composti che danno sapore gradevole ai frutti.
Molte sostanze medicinali da noi utilizzate provengono proprio da questi metaboliti secondari. Sono note le proprietà sedative e tranquillanti della P. incarnata. La prof. Flavia Guzzo (Università di Verona) nel 2008 ha testato alcuni estratti della P. nitida, della P. palmeri e di altre specie. Alcuni di questi estratti hanno evidenziato in vitro attività antibiotica, antiossidante ed antitumorale. Io mi auguro che vengano nuovamente intrapresi studi e ricerche per scoprire le proprietà terapeutiche sicuramente presenti nelle varie specie di passiflore.
5) La coltivazione, la riproduzione e la moltiplicazione
Per poter effettuare una buona collezione con le piante più
interessanti e più belle bisogna dotarsi di una piccola serra riscaldata con
temperatura minima invernale di almeno 10 °C. Nelle varie zone climatiche
italiane, dagli inverni freddi, non si potrà coltivare in giardino che un
numero limitato di specie e di ibridi. In ogni scheda di passiflore di questo
sito sono indicate le temperature presunte minime e quelle ideali.
La resistenza al freddo (frigo-resistenza) è una caratteristica genetica di
ogni specie, anzi di ogni esemplare. In molte specie vi sono geni che esprimono
proteine che proteggono dal freddo. In altre sono assenti o scarse. Abbiamo
tutti verificato che la frigo-resistenza è possibile anche in specie tropicali,
tipiche dei climi caldi del nostro pianeta. Non deve stupire. Molte di queste
vivevano e si sono evolute anticamente in regioni soggette alle lunghe ere
delle glaciazioni e per questa ragione hanno codificato nel loro codice
genetico questo ricordo.
All'arrivo della bella stagione è opportuno portare all'aperto le passiflore
delicate coltivate in vaso e ricoverate, fornendole di adeguati sostegni, così
fioriranno e fruttificheranno meglio, specialmente a partire dal mese di
giugno. Alcune di esse (P. quadrangularis, P. alata) sono più
tardive ed aspettano la fine di agosto per mostrare la loro straordinaria
bellezza che nulla ha da invidiare alle piante esotiche, sì spettacolari, ma
più critiche. Vi sono passiflore che si adattano come piante d'appartamento e
fioriscono regolarmente in casa.
Dai vivaisti si possono trovare vasetti fioriti di P. caerulea e di
ibridi graziosi come la P. x violacea o la P. 'Incense'. Gli
appassionati di farfalle esotiche e tropicali del genere Heliconius
coltivano passiflore per allevare i bruchi di questi stupendi lepidotteri.
Questi insetti hanno infatti una particolare predilezione per le piante del
Gen. Passiflora e la bellezza del fiore ben si accompagna a quella della
farfalla.
È facilissimo riprodurre le passiflore, forse più facile e più rapido per via
agamica (talea, margotta, propaggine ecc.) che per seme. Le talee radicano
rapidamente se tenute in un piccolo ambiente altamente umido, caldo e luminoso,
come un cassone vetrato, sistema questo indispensabile per conservare e
moltiplicare gli ibridi. La preparazione delle talee è semplice. La prassi
prevede la realizzazione di talee binodali. Si prende una porzione di fusti
sana e robusta. Si recide a 2/3 cm sotto un nodo che reca la foglia. Si elimina
la foglia. Si taglia poi qualche centimetro sopra la foglia successiva, e
questo è il secondo nodo. La foglia viene troncata a metà per ridurre la
traspirazione. La talea è pronta. Se il materiale disponibile è scarso, si
possono realizzare anche talee mononodali con la stessa tecnica sopra descritta.
Si preparano vasetti contenenti un substrato fatto di torba bionda e perlite in
parti uguali oppure si utilizza terriccio in commercio per talee e
semine. Le talee vanno trattate alla base sotto il nodo inferiore con
ormone radicante. Vengono utilizzati sia l’acido indol-3butirrico (IBA) che
l’acido alfa-naftalenaceto (NAA).
In commercio esistono ormoni sia liquidi (per esempio Clonex) che in polvere
(per esempio Germon e Rizopon). Per mia esperienza l’ormone più attivo per le
passiflore è l’acido indol-3butirrico (IBA). Le talee vanno spolverate con la
polvere radicante e scosse leggermente per eliminarne l’eccesso, oppure immerse
nel liquido radicante secondo le istruzioni del fabbricante. Vanno inserite nel
vasetto in modo che il nodo inferiore sia immerso nel terriccio. Poi si
bagnano. Il vasetto va posto in un luogo chiuso, mantenuto caldo (circa 25 °C)
ed umido. L’ideale è un ambiente provvisto di impianto a nebbia (fog). In
alternativa è utile spruzzare regolarmente le talee con un vaporizzatore. Per
mantenere costante l’umidità è utile un tappeto di tessuto impregnato di acqua.
Il riscaldamento di fondo, poi fa la differenza. Vi sono in commercio pannelli
riscaldanti da 18-20 W che possono essere posti sotto il tappetino dove vengono
posizionate le talee. In queste condizioni, ambiente umido e fondo riscaldato,
la talea emetterà rapidamente radici e svilupperà un tralcio con foglie al nodo
superiore. Si lascia consolidare la pianticella e si provvederà a ripiantarla
in un vasetto più grande.
La semina, invece, dà risultati talvolta deludenti e la germinazione è erratica
e mai rapida. Una corretta conservazione dei semi è sempre elemento essenziale
per una buona riuscita. Occorre esercitare la pazienza e attendere anche un
tempo lungo prima di vedere far capolino le desiderate pianticelle. Mi è
capitato di assistere a germinazioni quando avevo deciso di buttare via tutto.
La semina è comunque il metodo obbligato per arricchire la propria collezione
con specie provenienti da molto lontano, diversamente introvabili o provenienti
da nuovi incroci. I semi si possono spedire con facilità a grandi distanze e
non soffrono per il trasporto come le piante vive. Prima della semina è
consigliabile trattarli in acqua. Considerato che il tegumento è
particolarmente duro, è utile immergerli in acqua leggermente tiepida per 24
ore. Vi sono molte tecniche utili ad interrompere la dormienza dei semi,
processo che si forma quando non hanno la possibilità di entrare in
germinazione appena tolti dal frutto. Qualcuno consiglia succo di limone,
latte, Acido Gibberellico GA3, NAA ed altro ancora. Il Pucci scrive: “… si
moltiplica per seme ed i semi si stratificano in gennaio e si seminano due mesi
dopo: germinano prontamente.”.
Fatto ciò, si pongono i semi in vasetti contenenti terriccio per semina anche
auto-preparato (torba bionda e perlite). Io lo sterilizzo in forno a microonde
per evitare la presenza di uova di moscerini che produrrebbero larve dannose e
spore di muffe come la Bortrytis, Phytopthora e Pythium. La temperatura ideale
per la germinazione è attorno ai 25 °C ed è necessario, anche in questo caso,
un ambiente ad alta umidità. Il terriccio va mantenuto sempre umido, ma non
fradicio. La germinazione avverrà di media non prima di 10/15 giorni.
Compariranno i cotiledoni e successivamente la gemma apicale svilupperà il
fusticino con le vere foglie. È bene lasciare crescere le pianticelle neonate
fino a che non avranno raggiunto un’altezza di 15/20 cm prima di rinvasarle
singolarmente in vasetti più grandi.
Le piante adulte vanno coltivate in terriccio universale ben drenato per la
presenza di inerti e a pH subacido. Trattandosi di rampicanti, i vasi dalle
dimensioni di almeno 15 cm di diametro, devono essere dotati di canne per
permettere ai viticci di aggrapparsi. Si possono usare bastoni messi a
piramide, tralicci a forma di scalette od altro. Quelle in piena terra si
adattano bene su recinzioni a rete o graticci.
La concimazione va effettuata regolarmente con prodotti tipo Osmocote, per
piante fiorite, che garantiscono una fertilizzazione costante e duratura. In
alternativa sono utili fertirrigazioni regolari, di solito settimanali, con
prodotti a composizione equilibrata all’inizio della ripresa vegetativa, (per
esempio Grow More NPK 19-19-19) e successivamente con prodotti per piante
fiorite, più ricche di fosforo e di potassio che di azoto (ad esempio Grow More
NPK 9-15-30). Questi prodotti sono adatti e consigliati anche per
fertilizzazione fogliare.
È fondamentale che questi fertilizzanti contengano oligo e microelementi
(Magnesio, Rame, Zinco, Ferro, Boro, Manganese e Molibdeno), indispensabili per
i cicli biochimici delle piante.
Un mio amico vivaista utilizza terriccio composto da torba bionda, torba bruna,
zeolite o pomice con il 15% di argilla e fertilizzante di fondo NPK 12-12-17.
Durante la bella stagione aggiunge settimanalmente solfato di potassio (2
grammi al litro) per favorire la fioritura. Le sue passiflore sono
straordinariamente rigogliose di fiori.
Io utilizzo spesso fertilizzante liquido molto più diluito rispetto alle indicazioni in etichetta in modo da ottenere una soluzioni di circa 100 ppm. Somministrandolo nel vaso giornalmente o tutte le volte che serve, si ottengono piante di rapida crescita e sanissime. Questo accorgimento è straordinario specialmente per i rinvasi di talee o da semina. Le pianticelle crescono sane e velocemente.
L’induzione della fioritura, comunque, è dovuta anche ad altri fattori, tra
cui, il più importante è il fotoperiodo. Vi sono passiflore che fioriscono solo
se il giorno è lungo, almeno 12 ore, (longidiurne), altre fioriscono solo se le
ore di buio sono maggiori di quelle di luce, a esempio 14 ore, (brevidiurne),
ed altre ancora sono indifferenti (neutrodiurne). Il meccanismo fisiologico che
sorregge questo comportamento è dovuto ai fitocromi, proteine foto sensibili
che si distinguono in attivi ed inattivi che si trasformano gli uni negli altri
a secondo della situazione di luminosità o di buio nella quale vi è la pianta.
Abbiamo accertato ad esempio, che alcune passiflore sono sicuramente
brevidiurne, ad esempio la P. pedata e la P. cirrhiflora poiché da noi
fioriscono in serra nel tardo autunno o in inverno. Al contrario, altre
passiflore, come la P. alata, la P. edmundoi, P. pentagona,
P. leptoclada, ecc. sono longidiurne o neutrodiurne.
Eccessive irrigazioni possono compromettere l’apparato radicale favorendo
marciumi. È quindi importante limitarle allo stretto necessario, innaffiando
solo quando il terriccio è quasi asciutto. In ogni caso sono disponibili
anticrittogamici sistemici molto efficaci (Previcur Energy).
Le passiflore sono generalmente resistenti a numerosi parassiti e a malattie
crittogamiche comuni in altre specie di piante. Le criticità sono dovute
ad attacchi di cocciniglie, sia cotonose che a scudetto (mezzo grano di pepe),
di acari e di tripidi. Vi sono attualmente in commercio prodotti adulticidi,
larvicidi e ovicidi che, se utilizzati correttamente secondo le istruzioni,
risolvono rapidamente questi problemi. Piccoli attacchi possono essere trattati
meccanicamente con getti di acqua o, per le cocciniglie, con cottonfioc
imbevuti di alcool. I nematodi radicali formano galle alle radici e possono
portare a morte la pianta. Attualmente vi sono in commercio ottimi nematocidi.
6) Le passiflore nelle varie zone climatiche italiane
La nostra penisola, grazie alla sua varietà di zone climatiche presenti, che comprendono perfino quelle subtropicali, è sicuramente privilegiata rispetto ad altre nazioni europee, tanto che un numero maggiore di specie potrebbe essere acclimatato all'aperto senza difficoltà. Non sono piante la cui coltivazione richieda la mano di specialisti perchè sono adattabili, generose e ripagano soddisfazioni chi le possiede. La loro varietà è tale da soddisfare veramente tutti i gusti.
Le passiflore più rustiche si prestano quindi ad essere coltivate in piena terra, ma tutte crescono benissimo anche in vasi di dimensioni appropriate. Naturalmente nelle zone dove si hanno frequenti e prolungate gelate invernali (pianura padana ecc.) il vaso è una scelta obbligata per la maggior parte delle specie. Sono note le tre Zone climatiche: le zone fitoclimatiche del Pavari, le zone del Köppen e quelle U.S.D.A. Di fatto le prime due sono state abbandonate. Farò quindi riferimento all’ultima e alla sua mappa che potrete vedere su questo sito.
Occorre anche considerare il microclima della posizione in cui si vuole piantarle all’aperto. A volte, anche in una zona climatica fredda, vi sono posizioni più adatte dovute ad eventuali protezione di muri o di altri artifici. Ricordo che nel film l’Albero degli Zoccoli, il nonno anticipava la germinazione di semi di pomodoro collocandoli a ridosso del muro della stalla, perché era caldo. Utilizzava poi stallatico che, in fermentazione, sviluppa calore.Nelle zone 5 e 6 è sconsigliabile coltivare passiflore all’aperto. Serve ovviamente una serra.
Nella zona 7 è possibile coltivare all’aperto le specie e gli ibridi più rustici: P. caerulea, P. incarnata, P. tucumanensis, P. x colvillii, P. lutea, P. ‘Guglielmo Betto', P. ‘Fata Confetto’. Tutte queste sono piante pollonanti. Vanno a riposo d’inverno ed emettono nuovi polloni in primavera.
Nella zona 8 il numero di passiflore coltivabili aumenta. Crescono bene, eventualmente con protezioni, la P. actinia, la P. elegans, la P. urubicensis, la P. mooreana, la P. umbilicata. Tutte queste specie provengono da aree geografiche a clima temperato o ad elevate altitudini.
Tra gli ibridi sono resistenti al clima invernale tutte le combinazioni tra P. incarnata e P. cincinnata: P. ‘Incense’, P. ‘Leida’, P. ‘Vivacemente’. Anche gli incroci con la P. caerulea sono dotate di buona rusticità, ad esempio la P. ‘Anemona’. Con opportuna protezione, nella zona climatica 8B, si possono tentare anche la P. ‘Amethyst’ e la P. x violacea. Sconsiglio le passiflore vistose come la P. vitifolia, la P. alata, la P. x decaisneana.
Nella zona 9 le possibilità aumentono in modo esponenziale. Dunque, si ha solo l’imbarazzo della scelta. Moltissime passiflore sono coltivabili all’aperto. Ricordo di aver visto in Sicilia un esemplare di P. phoenicea largo circa 10 m e pieno di fiori. Resistono tutte le specie ascritte alle Quadrangulares (P. alata, P. phoenicea, P. x decaisneana, P. ’Marijke’ ecc.), tutte le specie ascritte al gruppo delle Dysosmia, come la P. foetida, compresa la P. amethystina, che ho visto all’aperto al lago Maggiore. Nei giardini è comune la P. x belotii (Imperatrice Eugenia). Sono escluse le specie che vivono nelle zone equatoriali.
Nella zona 10, la zona più calda della nostra penisola, sono coltivabili anche le specie più tropicali come la P. vitifolia e quelle che vivono nelle foreste dell’Amazzonia.
Un discorso a parte
meritano le piante ascritte alla Sezione Tacsonia del
Sottogenere Passiflora. Questo gruppo di passiflore vive in buona
parte nelle regioni andine dell’America Settentrionale. Pertanto, il clima loro
congeniale è mite, ma fresco, con scarsa escursione termica. In zone
climatiche e in stagioni dal caldo eccessivo difficilmente sopravvivono. Non ho
mai avuta fortuna con loro. D’estate muoiono inesorabilmente. Mi è capitato di
avere esemplari come la P. tripartita var. mollissima in
splendida forma al mattino e appassita completamente alla sera. Si sospetta che
il calore superiore a 30 °C attivi forme crittogamiche letali per l’apparato
radicale. D’estate queste piante vanno tenute al fresco, in ombra e
possibilmente in zone ventilate. Ho constatato ad esempio che non hanno
problemi in riva al mare, anche in Liguria, grazie proprio alla presenza
pressochè costante delle brezze.
7) La collezione
In questo sito è possibile scorrere immagini ed informazioni, che mi auguro possano essere utili a tutti coloro che vogliono coltivare passiflore, soddisfare curiosità, stimolando il loro interesse.
È quello che io ho creato in tanti anni. Attualmente la mia collezione, certificata ‘Collezione Nazionale’ dalla Società Botanica Italiana, è arrivata a circa 380 vasi ed è costituita da almeno 250 taxa. Il grande numero di specie e di ibridi a disposizione consiglia di realizzare una collezione anche ampia.
Spero di continuare, in questo modo, a contribuire alla diffusione, anche in Italia, di queste piante.